“La pandemia di Covid-19 ha sollevato il velo sui fallimenti di un modello industriale che evidenza come il liberalismo e le ideologie del libero mercato non siano più emendabili”.
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Lo sostiene Fiom-Cgil, che continua: “Lukoil e Confindustria gettano la maschera e se fino a qualche settimana fa invocavano il “patto sociale” oggi con arroganza presentano un piano industriale per il 2021 senza una chiara prospettiva per il futuro, evidenziando una distanza abissale dal territorio e la negazione del principio Costituzionale di “responsabilità sociale di impresa”. I piccoli zar siracusani, quelli che hanno “spinto” affinché un ministro della Repubblica intervenisse sulla Prefettura di Siracusa mettendo in discussione il diritto di sciopero, continuano a fuggire il confronto con il territorio. Un sistema industriale, quello siracusano, caratterizzato da comportamenti socialmente inaccettabili che in un delirio di onnipotenza cavalca la crisi, aggravata oggi dall’emergenza sanitaria, per imporre ancora la scelta tra un lavoro senza diritti oppure miseria, precarietà e disoccupazione.
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“E mentre si consuma un anomalo “TURN AROUND” con attività in stallo e ritardi che nessuno sembra interessato a recuperare, sul Petrolchimico pesa il piano presentato da Lukoil che prevede il cambio di gestione a favore della LITASCO, – (LUKOIL International Trading and Supply Company) azienda controllata con sede in Svizzera che gestisce il mercato del trading petrolifero -, impianti fermi per il 2021 e l’ipotesi di cassa integrazione. Un piano presentato con arroganza e distacco che alimenta un clima di incertezza che genera paura per un nuovo pericoloso riposizionamento della Lukoil, che rischierebbe di mettere in discussione l’asseto complessivo di tutto il Petrolchimico Siracusano. In questa situazione non aiuta il silenzio delle aziende e di Confindustria su come agganciare progettualmente un inevitabile processo di transizione energetica processo che rischia di generare, se non governate in un contesto di responsabilità sociale e di sostenibilità ambientale, una tempesta perfetta preludio di pericolose trasformazioni in un territorio già duramente colpito. “Ancora una volta quelli che rischiano di pagare il prezzo più alto saranno i lavoratori dell’indotto”.
“In questo senso è indecifrabile come, la Confindustria e le aziende petrolchimiche, pensano di ricomporre la frattura che oggi c’è tra territorio e industria, come possono pretendere “fiscalità di vantaggio, investimenti infrastrutturali, risorse per la transizione energetica e sfuggire il confronto sulla politica degli appalti, su come pensano di definire il rapporto tra diritti e interessi confliggenti come, profitto, compatibilità ambientale, occupazione e responsabilità sociale d’impresa. – ha concluso Fiom/Cgil – Per la Fiom il COVID è stato un evento che ha mostrato in tutta la sua drammaticità l’insostenibilità di un sistema che deve necessariamente cambiare, occorre avere il coraggio di dettare condizioni e indirizzo, occorre lottare a difesa dell’ambiente, del diritto al lavoro a tutela della sicurezza e della salute occorre mettere in campo tutta l’intelligenza, il coraggio e la consapevolezza di cui i lavoratori sono capaci per riconnettere nel territorio pratica sociale, percorsi e sensibilità diverse, occorre riconquistare la voglia di battaglia sociale perché non c’è più tempo… mettiamoci tutta l’intelligenza, la passione e la rabbia di cui siamo capaci per difendere il nostro futuro.