“Ieri all’assemblea pubblica indetta per presentare a Siracusa l’inizio della campagna referendaria proposta dalla Cgil, il presidente di Confindustria Siracusa intervenendo sul tema della sicurezza ha voluto, rappresentando un sistema industriale quasi perfetto, autoassolvere le imprese da qualsiasi responsabilità con una narrazione mistificatoria che non possiamo assolutamente condividere o accettare”, a scrivere è Antonio Recano, segretario Fiom Siracusa.
“Vogliono, invece, raccontare di un sistema imprenditoriale che ha invece profonde e precise responsabilità”.
“Gli incidenti non capitano mai per caso, per fatalità o per disattenzione dei lavoratori. Quando si consuma una strage come quelle di Brandizzo, Firenze e Casteldaccia, la responsabilità per noi è chiara, è la corsa al profitto in combinato disposto con la frammentazione del lavoro, la precarietà ed il ricatto”.
“Più si è precari, meno si è organizzati, informati, formati, si è meno sindacalizzati e si ha paura a rivendicare i propri diritti”. “
Casteldaccia, la “tragedia” dove hanno perso la vita 5 lavoratori e per ultimo il lavoratore morto oggi cadendo da una pala eolica a Salemi, ripropongono e confermano ancora una volta la nostra analisi sulle condizioni di sicurezza in cui sono costretti a operare i metalmeccanici Siracusani”.
“In questi mesi avvolti, purtroppo, dalla nebbia dell’omertà si sono registrati eventi che ripropongono, per la loro frequenza, il problema della sicurezza in un’area dove da decenni l’equilibrio si regge su uno scambio improprio tra industria e territorio”.
“Uno scambio che si è consumato nell’accettazione passiva di scelte industriali disastrose, come quella dell’IAS, finito ormai da anni in un vortice di atti giudiziari e atti politici, senza trovare una vera soluzione che ripristini le giuste condizioni di legalità e di diritto a cominciare da quello alla sicurezza ed alla salute”.
“Vogliamo denunciare il degrado, l’insicurezza strutturale che vive il petrolchimico Siracusano perché siamo convinti che dietro ogni infortunio, dietro ogni morte sul lavoro, ci sia sempre lo sfruttamento e la condizione di subalternità dei lavoratori alle logiche e agli interessi delle imprese”.
“Nel Petrolchimico le imprese metalmeccaniche che operano nella manutenzione degli impianti hanno consapevolmente accettato, un sistema di appalti al massimo ribasso che continua a generare compressione dei diritti ed illegalità in una delirante visione neoliberista. Uno scenario complesso che premia spesso l’azienda meno qualificata, quella che garantisce ritmi di lavoro sempre più alti, dove l’assenza di formazione adeguata sulla sicurezza, la frammentazione del lavoro e la precarietà rappresentano fattori di rischio inaccettabili per la salute e la sicurezza dei lavoratori”.
“Fattori di rischio, che per le implicazioni che hanno sulla vita delle persone vanno contrastati scardinando gli elementi degenerativi di questo sistema. Si interroghi Confindustria, sui processi di qualificazione delle imprese, sulle gare al massimo ribasso che scaricano tutte le responsabilità, verso imprese che per potersi aggiudicare l’appalto gareggiano tra di loro tagliando i costi della sicurezza e comprimono diritti in un contesto di illegalità dove l’elusione e il non rispetto delle normative diventa la regola del fare impresa”.
“Si interroghi Confindustria su come sia necessario, su un tema come quello della sicurezza e della salute, rimuovere posizioni assolutorie e pregiudiziali per sviluppare una vera discussione capace di generare le condizioni di civiltà e dignità necessarie a restituire al lavoro quel diritto di cittadinanza, presupposto indispensabile alla convivenza civile e alla “coesione sociale””.
“Per noi di fronte a quello che giornalmente accade davanti ai nostri occhi, rilanciare una pressione sociale per fermare chi continua a mandare al macello chi lavora è una questione di legittima difesa, ma questa nostra utopia, quest’ambizione oggi confligge con un sistema industriale senza una visione di futuro e su cui incombe, per l’impronta fossile che lo caratterizza e per la mancanza di investimenti, la spada di Damocle del “fine corsa””.
“Un sistema delle imprese che rincorrendo il profitto cinicamente impone il predominio del “diritto d’impresa” in un processo di ridefinizione sociale ed economico che ridisegnerà le sorti non solo del Petrolchimico ma di tutto il territorio Siracusano”.
“Siamo all’interno di un processo che impone scelte di campo che possono determinare un conflitto sociale che si preannunzia duro per costruire le condizioni per ridare al lavoro la dignità, la sicurezza e la civiltà che merita”.
“Occorre lavorare seriamente per intercettare le occasioni offerte dalla transizione ecologica è costruire un nuovo modello industriale, ambientalmente e socialmente sostenibile che sia in grado di tenere insieme ambiente, salute, sicurezza e lavoro. Ma il punto oggi è, cosa dobbiamo ancora aspettare, quale costo sociale, ambientale ed umano siamo disposti a pagare per vivere e lavorare”.