Ha fatto tappa a Siracusa il giro elettorale della candidata della sinistra alle primarie del Partito democratico.
In una sala affollata oltre la capienza, Elly Schlein, tra nostalgia e rinnovamento, ha riacceso le passioni del popolo di sinistra che soffre le scelte moderate del Partito democratico.
Sono accorsi in oltre trecento ad applaudire la giovane candidata alla segreteria del partito democratico, ex parlamentare europea e oggi alla camera dei deputati.
Sul palco del salone dell’Urban Center, con la Schlein e il vicesegretario nazionale Peppe Provenzano, nel corso della manifestazione, durata oltre due ore e mezza, si sono alternati rappresentanti del variegato mondo della sinistra, con una prevalenza al femminile, che hanno portato ognuno il proprio contributo e raccontato la propria esperienza.
Dopo Marika Cirone Di Marco, storica esponente ed ex parlamentare regionale, che ha aperto la manifestazione, Glenda Raiti, candidata alle scorse politiche, quindi è toccato a rappresentanti del terzo settore, del mondo del lavoro, all’imprenditrice agricola, alla donna Lgbt e alla giovane che ha parlato di scuola, università e ricerca.
Paolo Censabella, figura storica della sinistra lentinese e non solo, ha invocato un ritorno alle origini della sinistra del lavoro e dei diritti collettivi.
Il sindaco di Carlentini Giuseppe Stefio si è scagliato contro l’approvazione dell’autonomina differenziata, che ha definito strumento di divisione della Repubblica e dell’ulteriore impoverimento del meridione.
Tutti hanno invocato un partito aperto, plurale, inclusivo e innovativo, indicando in Elly Schlein la figura capace di realizzarlo.
Tra gli applausi scroscianti, la richiesta di rinnovamento del gruppo dirigente del partito, accusato di avere rincorso la destra per fare sinistra.
In quegli applausi e nel sincero entusiasmo della platea si consuma l’ennesimo paradosso del partito democratico di questi mesi e anni.
A chiedere il rinnovamento e il cambiamento sono prevalentemente militanti ed ex militanti non più giovanissimi.
Pochi i giovani in una sala, con una netta prevalenza di sessantenni e oltre.
Certi appelli, seppure con il linguaggio garbato, deciso ma a tratti felpato, hanno ricordato la richiesta di rinnovamento di dieci anni fa, quanto il tono e la dialettica erano decisamente più violenti e aggressivi.
Elly Schlein, con il suo linguaggio coinvolgente, ha parlato di diseguaglianze, clima e precarietà, dell’esigenza di tornare a capire il paese, il lavoro che è cambiato, gli ultimi.
“No alla liberalizzazione delle trivellazioni”.
“La transizione energetica si fa con le rinnovabili ma non con la sottrazione di terreni agricoli coltivabili all’agricoltura da parte delle multinazionali per la realizzazioni di grandi centrali fotovoltaiche”.
Ha toccato tutti i temi cari alla sinistra ecologista, solidale.
Ha parlato di giustizia sociale e di inclusione.
Non ha risparmiato una stoccata al suo principale avversario, Bonaccini, di cui fino a qualche mese fa è stata vicepresidente nel governo della regione Emilia.
“Amministrare non è un progetto politico” ha sottolineato in un passaggio.
Ha attaccato Giorgia Meloni, “una donna che non fa gli interessi delle donne”, e l suo governo, per la scelta di approvare il disegno di legge sull’autonomia differenziata “per fare un favore alla Lega in vista delle elezioni regionali in Lombardia”.
Attacchi anche alle scelte dei governi a guida Pd, “liberalizzare i contratti a termine con l’approvazione del job’s act nel 2015 è stato un clamoroso errore”.
“C’è bisogno di unità, ma nella coerenza per trovare un progetto per il paese”.
Elly Schlein, ripetutamente interrotta da applausi e incitamenti, ha indubbiamente riacceso, almeno per una sera, le fredde passioni di militanti, simpatizzanti ed elettori della sinistra.
In sala non c’erano però esponenti dell’ala più moderata del partito.
Quello che sembra profilarsi, in caso di elezione di Elly Schlein a segretario, è un partito che vuole ritornare alle radici delle sinistra storica, per interpretare una fase nuova, inedita.
Un partito identitario che indubbiamente va oltre l’idea veltroniana costitutiva del patito maggioritario, capace di fare sintesi tra le diverse anime progressiste.
Ma quel partito, forse, non c’è già più.
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