Il Trentino Alto Adige proroga la chiusura dei bar fino alle 20 e dei ristoranti fino alle 22, Giovanni Cafeo e l’Assessore Burti: “Musumeci sostenga con forza le istanze degli operatori siciliani, troverà ampia disponibilità”.
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“L’ultimo DPCM del Presidente Conte, sebbene scaturito da particolari condizioni di necessità e pericolo, rischia di sollevare tensioni sociali e soprattutto di danneggiare categorie fino ad oggi già sottoposte a vincoli e limitazioni onerose”. Ad intervenire sono Giovanni Cafeo, parlamentare di Italia Viva e Segretario della III Commissione ARS Attività Produttive e l’Assessore alle Attività Produttive del Comune di Siracusa Cosimo Burti.
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“In particolare, il riferimento è all’obbligo di chiusura per le attività di ristorazione alle ore 18 – spiegano Cafeo e Burti – fissato con il fine di limitare gli assembramenti ma che di fatto costringerà alla serrata completa gran parte degli esercizi”. “La regione Trentino Alto Adige, forte dell’autonomia data dal suo Statuto Speciale, ha emesso un’ordinanza che proroga sino alle 20 l’apertura dei bar e fino alle 22 quella delle attività ristorative – proseguono Cafeo e l’assessore Burti – ordinanza che pur correndo il rischio di essere impugnata dal Governo, dimostra l’attenzione data dal Governatore del Trentino verso i suoi concittadini. Il presidente Musumeci ha annunciato di voler chiedere al Governo la medesima proroga anche per la regione Sicilia – continuano i due esponenti di Italia Viva – perché l’orario di chiusura delle 18, oltre ad impedire di fatto il servizio della cena, non tiene conto delle varie abitudini al consumo che caratterizzano il nostro Paese, differenti tra il nord e il sud; se il Presidente sosterrà con forza la necessità di applicare una proroga anche in Sicilia, siamo certi che per questa giusta battaglia troverà ampio e trasversale sostegno anche in Parlamento”.
“Non c’è dubbio che l’ultimo DPCM sia nato con forti criticità – concludono Giovanni Cafeo e Cosimo Burti – alcune delle quali ataviche, come l’abitudine di renderlo noto agli amministratori e alle organizzazione di categoria soltanto “ex post”. Ma per risolverle almeno in parte basterebbe cominciare a dare fiducia ai ristoratori, ormai abituati ad applicare con successo i loro efficaci protocolli di sicurezza, spesso più stringenti delle normative nazionali”.