Il Gip del Tribunale di Siracusa, Dott. Salvatore Palmeri, lo scorso 12 dicembre, ha sollevato di fronte alla Consulta la questione di legittimità costituzionale di una delle norme “salva Isab”.
È un atto che, secondo Lagambiente, “fa tornare d’attualità anche per il polo petrolchimico di Siracusa la questione del conflitto tra lavoro (o meglio produzione) e ambiente, proprio come è accaduto in passato con Gela ed altri poli industriali e come accade da anni con le acciaierie a Taranto”.
Il provvedimento del Giudice di Siracusa è stato assunto nell’ambito dell’incidente probatorio in corso per accertare le ipotesi accusatorie avanzate dalla procura nel procedimento penale sul depuratore consortile Ias di Priolo Gargallo per disastro ambientale.
La norma impugnata è il decreto interministeriale del 12/09/23, che prevede che, nel caso di stabilimenti industriali dichiarati di interesse strategico nazionale o di impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva, consente al giudice di autorizzare la prosecuzione dell’attività se sono state adottate misure di bilanciamento tra le esigenze dell’attività produttiva e dell’occupazione e la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente.
Per il presidente nazionali di Legambiente Stefano Ciafani:
“Ancora una volta in Italia si costringe la magistratura ad intervenire su problemi lasciati insoluti per anni dalle altre istituzioni e dalla politica nazionale e locale.
La continuità produttiva non deve più, in nessun caso, mettere in pericolo la salute dei cittadini né provocare danni ambientali.
I territori e le comunità locali che hanno pagato un così alto prezzo alla industrializzazione del nostro paese meritano la massima attenzione e una coerente politica industriale che punti al risanamento e all’innovazione produttiva”.
Per la Procura di Siracusa, i decreti “salva Isab/Ias” opererebbero solo un apparente bilanciamento fra beni costituzionali in potenziale conflitto, consentendo una compressione eccessiva e illegittima del diritto alla salute e all’ambiente in favore del diritto alla libera iniziativa economica privata, di fatto sostituendo le prescrizioni più rilevanti delle autorizzazioni vigenti, consentendo l’immissione di reflui connotati da percentuali di inquinanti di gran lunga superiori ai limiti di legge, e prevedendo la misurazione della media mensile dei valori anziché giornaliera.
Quest’ultimo aspetto del provvedimento, consentirebbe alle aziende di effettuare degli scarichi di reflui caratterizzati da picchi giornalieri di inquinanti potenzialmente illimitati.
Sotto accusa anche la prescrizione di indefiniti valori limite massici annuali per i parametri Idrocarburi Totali, Fenoli e Solventi Organici Aromatici.
Legambiente denuncia inoltre l’inerzia più assoluta da parte della Regione, proprietaria dell’impianto, alla quale il decreto del Ministero delle imprese dello scorso settembre attribuisce la fondamentale funzione di coordinamento per realizzare le indispensabili opere di adeguamento dell’impianto e risolvere le questioni ambientali.
La vicepresidente Legambiente Sicilia Anita Astuto chiede al governo regionale di fare diventare la riconversione dei grandi poli industriali siciliani una priorità, attraverso l’attuazione di una pianificazione industriale che dia garanzie sul fronte ambientale, sanitario e lavorativo.
“Sarebbe necessario dichiarare ‘strategiche’ le bonifiche dei SIN siciliani se servisse ad accelerarle.
Non è ammissibile infatti che dopo 25 anni dall’individuazione di Priolo come Sito di Interesse Nazionale lo stato delle bonifiche a giugno 2023 risulti fermo al palo con il 2,2 % di aree bonificate certificate, e solo considerando anche le aree non contaminate si arriva a 554 ettari bonificati, pari al 9,5% dei 5.814 ha di perimetrazione del Sito”.