A Siracusa per presentare il suo libro “La libertà che non libera. Riscoprire il valore del limite”, il leader di Azione, eletto al Senato in Sicilia, ha parlato degli scenari della società occidentale e del compito della politica.
Nella sala affollata dell’hotel Villa Politi a Siracusa, introdotto dal sindaco Francesco Italia, Carlo Calenda ha parlato dei segnali di fragilità etica dell’Occidente, della confusione tra desideri e diritti e della cancellazione della storia e dunque dell’identità.
La presentazione del suo libro “La libertà che non libera. Riscoprire il valore del limite”, è stata l’occasione per riflettere sul valore perduto della libertà di fronte alla deriva individualistica della società e “sul rapporto tra desideri e diritti, tra libertà individuale e forza di una comunità, tra identità e progresso”.
Nessun rischio di fascismo per Calenda, proprio perché, come ha ricordato, il manifesto di Mussolini affermava il primato dello Stato e imponeva all’individuo doveri.
“La destra di ogni sostiene invece il primato delle libertà dell’individuo, rincorsa su questo piano da una sinistra che non ha il coraggio di dire che questo è sbagliato”.
È stato un forte richiamo alla responsabilità della politica, quello lanciato ieri dal leader di Azione e del terzo polo, che si è soffermato sull’assenza di moderazione in tanti campi dell’agire pubblico e privato, e sulla difficoltà ad accettare le categorie morali di obbligo, dovere e gerarchia.
Errore, il gruppo non esiste! Controlla la tua sintassi! (ID: 44)“Si è diffusa una cultura che nega il valore del limite, un’idea di progresso come valore unico e indiscutibile rappresentato dall’innovazione tecnologica”, ha affermato, parlando degli scenari che si profilano con l’irruzione nelle nostre vite del metaverso e del bisogno di riportare i giovani alla vita reale.
“Viviamo il tempo dell’uomo senza storia, in cui i nostri valori sono percepiti come gli unici possibili, quei valori che abbiamo ridotto all’unico che è la libertà di fare tutto quello che vogliamo”, ha detto l’ex ministro, citando papa Ratzinger, quando afferma che viviamo “una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.
“La società delle voglie non produce felicità, abbiamo bisogno di ristabilire dei limiti, anche per essere felici come individui.”
“Cosa fa la politica per interpretare e guidare questi processi?” si è chiesto in conclusione, per chiarire poi con forza come il compito della politica non sia quello di fare la migliore narrazione possibile dei problemi, per compiacere gli elettori, ma quello di trovare le soluzioni.
E per questo è necessario che siano persone competenti ad occuparsene, mentre merito e competenza sono oggi visti con fastidio e considerati antivalori.