Mentre la ricerca della soluzione dei problemi del depuratore dell’Ias sembra sempre più orientarsi nella direzione dello sganciamento delle grandi aziende del polo petrolchimico, che provvederebbero alla depurazione con propri impianti, proprio uno di questi è finisto sotto indagine.
L’azienda più avanti nel processo di ‘sganciamento’ sembra l’Isab, dove da tempo è in funzione il Tas, l’impianto di trattamento delle acque di scarico.
Ma è proprio il Tas al centro di un’inchiesta della Procura delle Repubblica di Siracusa, che contesta agli indagati reati contro l’ambiente.
Ad essere indagati sono manager, tecnici e consulenti dell’impianto di depurazione con l’accusa di inquinamento ambientale, per aver diluito gli inquinati e contraffatto le analisi di controllo, prescritte nell’Aia.
Dell’indagine, in merito alla quale è in corso l’incidente privato tuo, ha scritto Luisa Santangelo, giovane e brillante giornalista d’inchiesta, sull’edizione di ieri del quotidiano La Sicilia.
La trasmissione Report di Rai Tre ha pubblicato nel proprio sito il lancio di un’inchiesta sulla vicenda.
L’indagine è partita nel novembre del 2020, dopo la segnalazione di una moria di pesci e granchi alla foce del canale Alpina, nella baia di Santa Panagia.
Il canale Alpina è lo stesso in cui scarica il Tas degli impianti sud della raffineria Isab, all’epoca ancora di proprietà Lukoil.
Ad essere indagati sono manager, tecnici e consulenti dell’impianto di depurazione con l’accusa di inquinamento ambientale, per aver diluito gli inquinati e contraffatto le analisi di controllo, prescritte nell’Aia.
Dell’indagine, arrivata all’udienza preliminare, ha scritto Luisa Santangelo, giovane e brillante giornalista d’inchiesta, sull’edizione di ieri del quotidiano La Sicilia.
La trasmissione Report di Rai Tre ha pubblicato nel proprio sito il lancio di un’inchiesta sulla vicenda.
L’indagine è partita nel novembre del 2020, dopo la segnalazione di una moria di pesci e granchi alla foce del canale Alpina, nella baia di Santa Panagia.
Dalle indagini, effettuate con l’acquisizione delle analisi, l’istallazione di telecamere e intercettazioni telefoniche e ambientali, sarebbero emerse numerose irregolarità, compiute per mascherare il fatto che l’impianto non era in grado di ridurre davvero il notevole carico inquinante prodotto dalla raffineria, e di impedire che finisse in mare.
Sarebbero stati rimossi, con una certa frequenza, i residui di idrocarburi dalla foce del canale per cancellare i segni dell’inquinamento prodotto dallo scarico dell’impianto.
Sarebbero anche state sostituite le barriere galleggianti utilizzate per confinare gli eventuali sversamenti di sostanze inquinanti, per evitare così che finiscano in mare.
Barriere di colore nero al posto di quelle gialle, per rendere meno evidenti le macchie dovute alla presenza di idrocarburi.
Per camuffare i risultati delle analisi, imposte dall’Autorizzazione integrata ambientale, sarebbe stata convogliata acqua pulita negli scarichi, in modo da diluire la concentrazione degli inquinanti.
Dalla perizia svolta dai periti nominati dal Tribunale sarebbero emersi aspetti particolarmente preoccupanti, come la presenza nei mitili e nelle patelle di benzene, un idrocarburo particolarmente pericoloso, volatile e cancerogeno.
Ad essere indagati sono tre dirigenti dell’Isab e l’amministratrice e una socia del centro analisi P.Q.A. di Siracusa, che effettuava le analisi per conto di Isab.
Tra loro c’è l’ex direttore delle operazioni Bruno Martino, che a settembre 2023 è stato nominato direttore generale e componente del nuovo Cda voluto da Goi Energy, nonostante fosse nota la sua condizione di indagato.
Dalle intercettazioni emergerebbe il clima di tensione all’interno della raffineria tra i lavoratori.
In alcune intercettazioni emergerebbe infatti pienamente la consapevolezza della responsabilità di non riuscire ad evitare l’inquinamento dell’ambiente, quello in cui vivono gli stessi lavoratori e i loro familiari.
Tra le frasi riportate nell’articolo di Luisa Santangelo, due colpiscono particolarmente.
La prima è quella in cui un lavoratore ricorda al collega “ci sono parenti miei a Priolo”.
L’altra è quella di un lavoratore urla ai colleghi: “‘u mari è ‘u nostru, ‘u capiti ca’ è ‘u nostru e ca’ avemu ‘a nostra casa. ‘U capiti o non ‘u capiti?”.
La prossima udienza si svolgerà fine gennaio.
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