Il segretario generale della Cgil di Siracusa, Roberto Alosi, esprime un giudizio fortemente critico sulla discussione di ieri al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, dove si è parlato del futuro di Versalis in Sicilia, (leggi l’articolo) e lancia l’allarme per le possibili conseguenze della scelta di Eni di abbandonare la chimica di base in Italia.
Per il segretario della Cgil di Siracusa, il governo ha rinunciato ad avere una propria politica industriale, capace di orientare e controllare i processo di trasformazione strutturale in corso.
Il vuoto lasciato sembra essere ormai stato riempito da Eni, che impone al Paese le proprie scelte, basate esclusivamente sulle dinamiche del mercato e del profitto, scelte che il governo subisce supinamente.
Alla base della scelta di chiudere gli impianti che producono etilene c’è infatti, per ammissione dei vertici del colosso petrolifero italiano, la dinamica del mercato che ha prodotto un disavanzo per l’azienda di circa tre miliardi negli ultimi anni, per la convenienza delle aziende estere a comprare il prodotto sui mercati orientali e quelli cinesi in particolare.
Una scelta, quella di abbandonare la chimica di base, che rende ancora più fragile l’economia della produzione del Paese che così, dopo l’acciaio e l’energia, perderà la centralità in un altro settore strategico.
Un paese sempre più fragile e sempre più dipendente dalle importazioni che non impara dalla propria storia recente, secondo Alosi, infatti “la pandemia non ha insegnato niente”.
E neanche dalla crisi del settore dell’auto, aggiungiamo noi.
Il costo che rischia di pagare il Paese per la mancanza di una strategia industriale potrebbe essere drammatico.
La chimica di base è infatti un settore strategico, essenziale per le produzioni di molte aziende che, senza l’etilene prodotta negli impianti italiani perderebbero l’interesse a restare e potrebbero essere indotte a delocalizzare gli impianti all’estero.
Uno scenario inquietante quello descritto da Alosi, che accusa il governo di non fare nulla per imporre a Eni, che è un’azienda di proprietà dello Stato, scelte a tutela dell’interesse nazionale.
Alosi analizza quindi le possibili conseguenze per il territorio del siracusano.
“Sotto gli slogan di transizione ecologica e riconversione industriale si nasconde la dismissione del polo petrolchimico.
Sono molte le aziende del polo che sono in attesa di capire quello che succederà, sembrano valutare la possibilità di lasciare il territorio”.
Alosi fa riferimento in particolare alla Sasol, la cui produzione è ai minimi storici, ma anche a tutte le aziende che perderebbero l’interesse a produrre in questo territorio, una volta venuta meno la disponibilità dell’etilene prodotto da Versalis.
Quello di cui non si parla infatti è l’interconnessione tra gli impianti del petrolchimico.
Oltre a Sasol, anche Isab nord, Air Liquide, Erg Power e la stessa Sonatrach, utilizzano l’etilene prodotta a Versalis o forniscono all’impianto prodotti necessari per il ciclo che vi si realizza.
Il rischio di un drammatico effetto domino che metterebbe fine al sogno industriale di un’intera provincia, e non solo, è concreto.
“Di tutto questo non abbiamo trovato traccia nel confronto di ieri, e i nostri appelli sembrano inascoltati.
Nel tavolo si discute già di contenimento del danno occupazionale e si pensa già all’utilizzo degli ammortizzatori sociali per difendere i lavoratori coinvolti.
Questo è solo uno dei problemi.”.
La stima dei posti a rischio è di circa mille a Ragusa e oltre il doppio nel polo siracusano.
Su una cosa infatti tutti concordano, che per ogni posto di lavoro dipendente diretto di Versalis bisogna considerarne altre due dell’indotto.
Un costo sociale enorme, al quale si aggiungerebbero le conseguenze dovute al disimpegno di altre aziende, se si dovesse concretizzare, anche solo in parte, lo scenario paventato da Alosi.
“Riguardo il crono programma, sono chiari i tempi degli interventi di Eni.
Già nei prossimi giorni sarà chiuso l’impianto di Ragusa, con un suggestivo quanto generico impegno a trasformare il sito in un centro di ricerca.
La chiusura del cracking di Priolo dovrebbe essere avviata nei primi mesi del 2025 per concludersi ad inizio del 2026.
Nel 2027 dovrebbe avviarsi il processo per le autorizzazioni per la bioraffineria che sarebbe realizzata nel 2029.
Oltre cinque anni!”
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