A rischio tre mensilità l’anno per circa 1.700 malati. La Fasted annuncia un sit-in a Palermo davanti all’Ars contro «l’insensibilità del governo regionale».
[/]
Fasted: «No ai tagli». Secco no di Fasted Sicilia, la Federazione delle associazioni siciliane di talassemia, emoglobinopatie e drepanocitosi, ai tagli previsti dal governo regionale ai fondi per l’indennità mensile di 416 euro erogata ai malati più gravi, circa 1.700 soggetti. «Già 1 milione e 45 mila euro di tagli nel 2018 e circa 220 mila euro nel 2019. Adesso scopriamo – si legge in una nota della Federazione diffusa dal consiglio direttivo di cui fa parte anche, nella qualità di vice presidente vicario, il lentinese Giancarlo Manoli – che nella Legge di stabilità 2020 il governo ha previsto un ulteriore taglio di ben 2 milioni e 200 mila euro. Tradotto significa circa 3 mensilità di indennità che non saranno pagate nel 2020. A questo aggiungiamo che non riusciamo ad avere alcuna interlocuzione con l’assessore regionale alla Salute, che in due anni e mezzo non ha mai risposto alle nostre sollecitazioni».
Appello all’Ars e sit-in il 18. La Fasted si appella all’Ars affinché rimedi all’indifferenza del governo e corregga la Legge di stabilità, ripristinando l’intero ammontare del fondo. Per il 18 marzo è stato intanto annunciato un sit-in a Palermo davanti all’Ars contro «l’insensibilità del governo regionale». «Rispetto a queste patologie croniche ereditarie – si legge nella nota della Fasted – la Sicilia ha circa il 40% dei malati di tutta Italia e circa il 6% della popolazione è portatrice sana (circa 300.000 persone). Le forme gravi di queste patologie (circa 1.770 soggetti sui 2.700 diagnosticati) godono in Sicilia di una indennità mensile di circa 416 euro, prevista dalla legge regionale n. 20 del 1990».
[/]
L’indennità un sostegno fondamentale. «L’indennità – si legge nella nota della Fasted – è stata prevista per dare un sostegno al soggetto malato, tenendo conto dell’altissimo numero di ospedalizzazioni che questo deve subire annualmente. Tra terapia trasfusionale “salvavita” e controlli diagnostici per le complicanze secondarie, un paziente con talassemia e drepanocitosi deve infatti recarsi in ospedale almeno una volta a settimana. Inoltre, la patologia prevede terapie farmacologiche domiciliari spesso a pagamento e che implicano un carico burocratico pesantissimo (piani terapeutici, accessi alle farmacie ospedaliere e private, frequenti rapporti con gli uffici amministrativi sanitari, etc.). Tutto questo – si legge ancora – rende una normale vita sociale e lavorativa molto complicata da gestire e spesso per le famiglie è costato la perdita del lavoro da parte di uno o entrambi i genitori e/o dei coniugi». Poi c’è l’emergenza Coronavirus che, scrive la Fasted, «pone i talassemici e i drepanocitici tra i soggetti più a rischio contagio e a rischio morte».
© Riproduzione riservata