È un Pd a pezzi quello che esce dall’assemblea regionale di ieri all’Hotel Astoria Palace di Palermo, dove il partito siciliano ha vissuto forse la serata peggiore della sua storia.
Lo scontro si è consumato sulle regole per l’elezione del segretario nel prossimo congresso, che si svolgerà tra marzo e aprile, tra chi voleva che ad eleggere il nuovo segretario regionale fossero solo i tesserati al partito, e chi invece chiedeva le primarie aperte anche ai non iscritti.
Tra insulti, urla e perfino qualche spintone, a spuntarla sono stati i primi, guidati dal segretario regionale Anthony Barbagallo, vicino a Elly Schlein.
Sconfitta l’ala, guidata dal deputato regionale Fabio Venezia, che fa riferimento al presidente nazionale del partito, Stefano Bonaccini, e a Matteo Orfini, con la maggioranza del gruppo parlamentare all’Ars ed alcune figure storiche del Pd siciliano, seppure ufficialmente non allineati, come il presidente della Commissione antimafia all’Ars, Antonello Cracolici, e l’ex senatore Mirello Crisafulli.
L’assemblea dell’11 gennaio si era conclusa con un nulla di fatto e il rinvio di una settimana, per consentire alle due fazioni di trovare un accordo, anche con la mediazione della segreteria nazionale.
L’attesa ha però finito per alimentare ulteriormente, anziché spegnerle, le polemiche, complice l’ulteriore rinvio di una settimana a causa della tempesta Gabri che ha impedito all’aereo sul quale viaggiava l’inviato della Schlein, Igor Taruffi, di atterrare a Palermo.
Proprio Taruffi ieri ha dovuto faticare non poco per respingere gli attacchi e le accuse di scorrettezza piovute da più parti nella sala infuocata.
È dato per scontato che l’elezione del segretario regionale da parte dei soli iscritti al partito, porterà alla riconferma di Anthony Barbagallo, accusato dai suoi oppositori di non essere una figura ‘coagulante’, capace cioè di unire il partito.
Tra le accuse al segretario regionale, c’è quella di aveva annunciato, dopo l’approvazione della legge finanziaria all’Ars, l’intenzione di denunciare alle procure i parlamentari che hanno votato gli emendamenti alla Finanziaria per assegnare contributi a pioggia.
Tra questi ci sono anche i deputati Pd, che pure hanno poi votato contro la legge.
Tra i più agguerriti contro la riconferma di Barbagallo ci sono Giovanni Burtone, solitamente un moderato, Fabio Venezia e il siracusano Tiziano Spada.
Dopo la votazione, che ha visto votare a favore della proposta del segretario 169 componenti l’assemblea, contro i 4 contrari e i 4 astenuti.
In molti hanno lasciato la sala, qualcuno ha urlato “vergognati” a Taruffi, accusato di non aver garantito la regolarità della votazione.
Incassato il risultato, Barbagallo ha invitato il partito a guardare avanti.
“Siamo dispiaciuti per i momenti di tensione che ci sono stati ma è chiaro che il confronto fatto più sui giornali che in altri luoghi ha scatenato una serie di reazioni a catena.
Non è stato uno spettacolo edificante ma la vita è fatta di ripartenze.
Con la garanzia del partito nazionale, ci siamo dati delle regole per il congresso.
L’avversario non è dentro ma fuori il Pd.
Da domani siamo impegnati a costruire l’alternativa alle destre”.
Già, costruire l’alternativa.
Ma siamo sicuri che gli elettori passeranno sopra a tutto questo e saranno disposti a concedere fiducia e credibilità a un partito così lacerato?
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