Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Antonio Pitari, dottore commercialista, in merito alla illegittimità della doppia proroga dei termini di accertamento effettuati dall’Agenzia delle Entrate.
In questi giorni è in procinto l’invio, ai contribuenti di tutta Italia, di avvisi di accertamento emanati da parte dell’Agenzia delle Entrate, riguardanti annualità (generalmente il periodo di imposta 2017) per i quali i termini di decadenza risultano già essere abbondantemente scaduti in data 31/12/2023.
Ciò in virtù di una doppia proroga che il Fisco, storicamente e cronicamente in ritardo nelle notifiche degli accertamenti, intende regalarsi:
- 85 giorni a causa delle norme emergenziali Covid, dato che l’art. 67 del decreto-legge 18/2020 ha previsto tale differimento dei termini di prescrizione e decadenza per effetto della sospensione dall’8 marzo 2020 al 31 maggio 2020 delle attività di liquidazione, controllo, accertamento e riscossione,
- ulteriori 120 giorni per effetto della disposizione legislativa che prevede che, se tra la data di comparizione e quella di decadenza del potere di notificazione dell’atto impositivo intercorrono meno di 90 giorni, il termine di decadenza della notifica è automaticamente prorogato di 120 giorni, per un numero di giorni complessivo pari a 205!
Tralasciando per il momento in questa sede la questione della legittimità della proroga “a cascata” causa Covid, ossia per gli anni i cui termini di decadenza scadono successivamente al 2020, su cui si sono già espresse in senso sfavorevole all’Agenzia delle Entrate diverse Corti di Giustizia Tributaria (per esempio CGT di primo grado di Latina – Sez. 3, sentenza n. 974/2023 del 25.10.2023, CGT di primo grado di Latina sentenza n. 87/2/23 del 31/10/2023, CGT I grado Bari sentenza n. 854/2024 del 23/04/2024, etc.), è principio generale quello secondo cui non è possibile cumulare due proroghe, per lo più speciali rispetto al termine ordinario di decadenza e prescrizione, per la medesima fattispecie a meno che non si voglia consentire, a dispregio delle tutele costituzionali, di esporre indefinitamente il contribuente all’azione accertatrice dell’Amministrazione finanziaria.
Del resto la stessa Corte Costituzionale con sentenza n. 247 del 25 giugno 2011 ha statuito che nel caso in cui i prolungamenti di termini previsti da diverse disposizioni siano astrattamente applicabili alla medesima fattispecie, l’Amministrazione finanziaria non potrà mai utilizzarli in modo cumulativo al fine di superare il massimo dell’ampliamento temporale previsto dalla singola normativa più favorevole per l’Amministrazione stessa.
In senso conforme si è espressa recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9010 dello scorso 4 aprile 2024, che, con riferimento ad un altro cumulo astrattamente previsto da diverse disposizioni normative, ha stabilito il divieto della doppia proroga dei termini di accertamento.
Alla luce di quanto sopra brevemente illustrato risulta pertanto illegittimo un siffatto modus operandi adottato da alcuni funzionari dell’Agenzia delle Entrate, che appare a dir poco “supra legem” a scapito del cittadino.
Speriamo che i vertici dell’Amministrazione Finanziaria, coscienziosi nell’applicare le disposizioni dettate dal Legislatore, possano consentire un riesame di tali illegittimi atti anche al fine di evitare un notevole e lungo contenzioso che può rivelarsi dannoso per le casse dello Stato.
Antonio Pitari, dottore commercialista
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