Il 27 aprile si voterà per l’elezione dei presidenti dei sei liberi Consorzi comunali, e dei Consigli degli stessi Consorzi e di quelli delle tre città metropolitane.
A dire quella che dovrebbe essere la parola definitiva, è stata la prima sezione del Tar Sicilia sezione di Palermo, presieduta dalla giudice Maria Cappellano, che ha respinto i ricorsi presentati contro il decreto con il quale il Presidente della Regione ha indetto le elezioni.
Il Tar Palermo ha ritenuto il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione, accogliendo le controdeduzioni degli avvocati della Regione e di alcuni sindaci che si erano costituiti in giudizio.
La competenza non sarebbe del Tribunale Amministrativo ma del Giudice ordinario civile.
I ricorrenti lamentavano la presunta incostituzionalità della legge regionale che recepisce quella nazionale Delrio, e chiedevano il rinvio delle elezioni.
Ad essere violato sarebbe il principio della “sovranità popolare” e dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, oltre a quelli che tutelano le pari opportunità nell’accedere alle cariche elettive.
Le elezioni prevedono infatti che a votare e ad essere eletti siano solo i sindaci e i consiglieri del Comuni che costituiscono l’area vasta.
Secondo l’avvocato Cariola, che ha rappresentato i ricorrenti, ad essere illegittimi sarebbero anche il cumulo di mandati politici, che si verificherebbe dopo le elezioni di consiglieri e presidenti, e il fatto che il voto di secondo livello “annichilisce il diritto a partecipare alla vita pubblica in condizioni di uguaglianza con tutti gli altri cittadini”.
Oggetto di contestazione anche il voto ponderato.
La legge Delrio prevede infatti che i Comuni, sulla base del numero di abitanti, siano suddivisi in un numero di fasce che può arrivare a nove, a ciascuna delle quali corrisponde un coefficiente di ponderazione del voto, determinato calcolato sul rapporto tra il numero di abitanti della fascia e quello complessivo.
Tale coefficiente è poi corretto, con un sistema di calcolo piuttosto complesso, per fare in modo che nessuna delle fasce superi il 45% o il 35% del peso elettorale.
Per rendere possibile l’applicazione dei coefficienti, gli elettori voteranno utilizzando schede di colore diverso a seconda della fascia in cui rientra il proprio comune.
Nel ricorso si sosteneva l’illegittimità costituzionale di questo sistema di elezione perché “il voto ponderato distorce in maniera squilibrata la rappresentanza a danno dei piccoli territori, dal momento che aumenta, rafforza ed esalta in maniera sproporzionata il peso politico dei comuni più grossi”.
Secondo l’avvocato Cariola, dal momento che gli enti di area vasta “non sono delle “assemblee societarie o condominiali, dove si vota in ragione della proprietà”, il voto ponderato “appare in netto contrasto” con la Costituzione.
Adesso ai ricorrenti rimane la possibilità di ricorre al Giudice ordinario ccompetente.
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