Altre nuvole nere si addensano sulla zona industriale, e stavolta non sono solo i fumi prodotti dagli impianti. La Regione ha avviato il procedimento di sospensione, per gravi inadempienze, l’autorizzazione integrata ambientale dell’impianto consortile IAS.
La Regione ha avviato il procedimento di sospensione, per gravi inadempienze, dell’AIA per l’esercizio dell’Impianto di depurazione consortile di Priolo, di proprietà dell’Industria Acqua Siracusana, l’IAS.
L’AIA era stata rilasciata con Decreto dell’Assessore al Territorio e Ambiente, l’11 luglio scorso, al gestore dell’impianto, in amministrazione giudiziaria dopo il sequestro penale operato dalla Procura della Repubblica di Siracusa il 15 giugno, con l’accusa di disastro ambientale.
Alla base del provvedimento di sospensione, il mancato rispetto di alcune delle numerose prescrizioni previste nel provvedimento, che riguardano prevalentemente le emissioni nell’atmosfera.
Il provvedimento del Dipartimento Ambiente dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione, che ha concesso trenta giorni alla proprietà dell’impianto per formulare le proprie osservazioni, prima di della sospensione dell’AIA, imprime una ulteriore accelerazione alla crisi del petrolchimico, ancora sotto pressione dopo la soluzione del problema Lukoil.
In particolare sarebbe superato di molto il limite di 0.05 milligrammi al litro imposto alle emissioni di benzene, sostanza cancerogena, e pertanto particolarmente pericolosa per la salute.
Nell’AIA si imponeva al gestore dell’impianto, di provvedere, entro tre mesi dal rilascio, alla presentazione di un progetto di adeguamento dell’impianto di depurazione, comprendente un cronoprogramma dettagliato delle attività, relativo ad alcuni interventi.
“a) il potenziamento della capacità depurativa dell’impianto IPPC, con particolare riferimento alla realizzazione di una sezione di pretrattamento chimico-fisico in testa all’impianto biologico adeguata alle caratteristiche degli inquinanti rilasciati dalle attività industriali conferenti all’impianto de quo, che consenta il rispetto allo scarico finale dei valori limite indicati nelle BAT-AEL di settore soprarichiamati e dei valori limite di cui alla tabella soprariportata;
b) la copertura delle sezioni impiantistiche responsabili di emissioni odorigene diffuse, il convogliamento ed il trattamento delle arie esauste ivi aspirate, in modo da raggiungere all’uscita dei nuovi punti di emissione convogliate almeno i seguenti valori limite di emissione (V.L.E.):
c) la realizzazione della nuova sezione di trattamento dei fanghi prodotti dall’impianto in questione. Tali interventi dovranno essere soggetti a riesame dell’A.I.A., nonché, configurandosi come estensioni o modifiche di progetto già autorizzato che possono avere ripercussioni negative sull’ambiente, e rientrando quest’ultime nella fattispecie di cui alla lett. t) del punto 8 “Altri progetti” dell’Allegato IV “Progetti sottoposti alla Verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano” alla parte seconda del D.lgs. 152/2006 e ss.mm.ii., sottoposti preventivamente alle procedure ambientali di cui alla parte seconda del predetto D.lgs.”.
La chiusura delle attività del depuratore provocherebbe di fatto l’interruzione delle attività dell’intera zona industriale, considerato che le AIA di tutti gli impianti, sono state rilasciate prevedendo lo smaltimento dei reflui liquidi, proprio presso l’impianto IAS.
Nel corso della trasmissione Report, del 5 dicembre, in coda al servizio dedicato al polo petrolchimico siracusano, il conduttore Sigfrido Ranucci aveva letto una breve dichiarazione della Procuratrice capo di Siracusa, che sottolineava come l’autorizzazione dell’impianto IAS presentasse profili di illegittimità e che “servirebbe una legge ad hoc per consentire di operare in deroga agli attuali limiti di legge”.
La soluzione di questa nuova emergenza potrebbe arrivare dall’approvazione di un emendamento al DL Aiuti Quater, attualmente in discussione in Commissione Bilancio al Senato, presentato dal senatore Antonio Nicita, proprio per scongiurare gli effetti devastanti che la chiusura delle attività provocherebbe sull’economia dell’intero territorio.
L’emendamento prevede infatti che, qualora ci sia la necessità di salvaguardare la produzione e l’occupazione, il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica possa autorizzare la prosecuzione dell’attività produttiva, per un periodo di tempo determinato e non superiore a 36 mesi, durante il quale sarebbero realizzare le opere di adeguamento alle prescrizioni di legge e dell’autorità giudiziaria.