Il prefetto di Catania, Maria Carmela Librizzi, ha disposto, su delega del ministro dell’Interno, l’accesso ispettivo al Comune di Paternò per “verificare l’eventuale sussistenza di elementi concreti, univoci e rilevanti su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso”.
Si tratta della procedura prevista dall’articolo 143 del Testo unico degli Enti locali, che prevede l’insediamento della commissione, composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, attraverso la quale il prefetto esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare.
La commissione, entro tre mesi dalla data di accesso, che sono rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, dovrà concludere gli accertamenti e rassegnare al prefetto le proprie conclusioni.
Entro i successivi 45 giorni, il prefetto, sentito il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, dovrà inviare al ministro dell’interno una relazione, sulla base della quale il Consiglio dei ministri potrà chiedere al Presidente della Repubblica lo scioglimento degli organi elettivi dell’ente, con un proprio decreto.
Paternò, comune di 45 mila abitanti in provincia di Catania, è un luogo simbolo della politica e del centrodestra in particolare.
Di Paternò sono infatti il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, e il presidente del Senato Ignazio La Russa, che non ha mai interrotto il legame con la sua città di origine.
Le indagini dei carabinieri della compagnia di Paternò, relative all’operazione ‘Athena’, nell’aprile dello scorso anno portarono all’arresto di 17 persone, indagate nell’ambito di un’inchiesta sul clan Morabito, legato alla ‘famiglia’ catanese dei Laudani.
Nell’ambito dell’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto di Catania, Ignazio Fonzo, e dalle sostitute procuratrici Tiziana Laudani e Alessandra Tasciotti, emersero presunte infiltrazioni mafiose nella vendita all’asta di terreni e immobili.
Le persone indagate complessivamente sono 49, tra imputati rinviati a giudizio davanti alla terza sezione penale del Tribunale e altri che hanno fatto accesso a riti alternativi.
Tra gli imputati, per voto di scambio politico mafioso, ci sono anche il sindaco di Paternò, Antonino Naso, che ha fatto richiesta di giudizio immediato, eletto con delle liste civiche nel giugno del 2022, un ex consigliere comunale ed ex assessore, Pietro Cirino, e un assessore dell’allora giunta in carica, Salvatore Comis, poi dimessosi, accusato di essere l’uomo di fiducia dell’associazione mafiosa.
Il reato ai tre è contestato in concorso con due presunti esponenti del clan: Vincenzo Morabito e Natale Benvenga.
Secondo l’accusa lo ‘scambio’ sarebbe stato legato a dei voti ottenuti dalla cosca alle Comunali del 2022 in cambio dell’assunzione a tempo determinato di due persone vicine al clan in un’impresa che si occupa di raccolta e smaltimento rifiuti a Paternò.
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