123 tra studenti e insegnanti del Rinaldini di Ancona, sono stati minacciati da alcuni ragazzi del quartiere mentre, accompagnati da una guida, erano in visita alla casa museo del beato don Giuseppe Puglisi, nel quartiere Brancaccio.
Alcuni ragazzi si sono rivolti in tono minaccioso, mostrando anche dei piccoli coltelli, a una parte dei visitatori che aveva già terminato il giro e attendevano gli ultimi allievi e insegnanti per andare via.
Gli adulti e gli studenti, impauriti, sono fuggiti raggiungendo i pullman che sostavano in via dei Picciotti.
Di fronte allo sconcertante episodio, è stata immediata la reazione indignata del direttore dell’Ufficio Scolastico per la Sicilia, Giuseppe Pierro, che lo ha definito un “atto grave e deplorevole da condannare”.
“Sono rammaricato, alla scuola va la nostra solidarietà e mi auguro che tornino in Sicilia.
Episodi come questi gettano inevitabilmente discredito su un’intera città, sempre pronta ad accogliere chi la sceglie come meta privilegiata di viaggi di istruzione.
Alla scuola di Ancona va la solidarietà della comunità scolastica siciliana che rappresento e mi auguro che questo spiacevole episodio non offuschi in loro l’immagine della Sicilia sana.
Mi auguro che in futuro possano tornare ad apprezzare nuovamente le bellezze dell’Isola e del suo capoluogo e che un sempre maggior numero di studentesse e studenti venga a visitare i luoghi in cui ha operato con coraggio il Beato Puglisi, sacerdote esemplare e grande educatore”.
Tornano in mente le parole che proprio don Pino Puglisi, in una delle sue ultime omelie prima di essere ucciso dalla mafia, aveva usato rivolgendosi direttamente ai mafiosi.
“Vorrei conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi tenta di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile parliamone, spieghiamoci e ricordate: chi usa la violenza non è un uomo, si degrada da solo al rango di animale”
Parole che sono state ricordate dal presidente del Centro di Accoglienza ‘Padre Nostro’, Maurizio Artale, che ha aggiunto:
“Anche noi oggi riteniamo di dover usare la stessa fermezza per evitare che episodi simili siano derubricati a ragazzate. In circa 10 anni si è registrata una triste sequela di atti vandalici, puntualmente denunciati nella ferma convinzione che l’esercizio della capacità riparativa delle ferite del territorio abbia un valore simbolico, oltre che materiale, e che possa rappresentare la goccia che scava la pietra”.
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