L’équipe di psicologhe aiuta i pazienti durante il periodo di degenza, per comprendere la loro situazione clinica, a elaborare la patologia in chiave positiva e a diventare protagonisti del percorso di cura.
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La salute non è solo assenza di malattia, ma uno stato di completo benessere fisico. È questa la definizione che l’OMS dà del concetto di salute, ed è questo il principio che ispira il servizio di supporto psicologico che da qualche mese è stato introdotto a Maria Eleonora Hospital di Palermo, Ospedale di Alta Specialità accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale. L’attività è portata avanti dai medici Vitalba Lamia e Fabrizia Rubino, entrambe psicologhe. “Accompagniamo i pazienti e i loro familiari dal momento del ricovero e sino alle dimissioni, con la presa in carico globale della persona – spiega Lamia –. Nel nostro reparto trattiamo pazienti lungodegenti, che spesso hanno subìto interventi complessi di cardiochirurgia, talvolta sono stati operati in stato di incoscienza e che al loro risveglio non sono orientati nello spazio e nel tempo. Questo è motivo di grande stress. A ciò si aggiunge che in questo momento storico particolare non possono avere accanto i loro cari, elemento che aumenta la percezione di solitudine e fragilità. Noi lavoriamo su queste fragilità, attraverso la relazione, individuale o in piccoli gruppi, ma anche con strumenti terapeutici quali laboratori creativi, la musica, le tecniche di rilassamento o il disegno, che si rivela un modo spesso molto efficace per riuscire a comprendere il mondo interiore e che ci consente di inquadrare il percorso da fare insieme”.
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Il servizio è la risposta concreta al bisogno di poter contare su un supporto psicologico sia per i pazienti sia per i caregiver, ovvero coloro che se ne prendono cura, che siano familiari o no. Il lavoro delle due psicologhe è anche quello di facilitare, attraverso un supporto a distanza, la gestione del carico emotivo dei familiari dei ricoverati che, a causa della lontananza, non riescono a comprendere chiaramente le reali condizioni del paziente. Ma spesso, queste figure svolgono anche un’importante funzione di mediazione per facilitare la comunicazione tra paziente e personale sanitario e di supporto per l’équipe sanitaria. “I pazienti ricoverati nel nostro reparto sono spesso persone anziane, che faticano a interloquire con i medici. Inoltre, dopo un’esperienza provante come quella della malattia, tendono a lasciarsi andare – spiega Rubino –. A questo si aggiunge il delicato passaggio da un primo stato di paura nei confronti del ricovero e dell’intervento, seguito da un improvviso stato di euforia per l’esito positivo dell’intervento, al fisiologico calo del tono dell’umore che subentra come un effetto rebound. Noi li spingiamo a superare questa condizione psicologica negativa, invitandoli a diventare protagonisti del percorso di cura, a fare dei progetti per il futuro, a immaginare una vita nuova, a porsi degli obiettivi. E questo dà risultati molto positivi in termini di aderenza alla terapia farmacologica e dei nuovi stili di vita prescritti, un miglioramento generale del tono dell’umore e una ripresa ottimale in minor tempo”.
Il team di psicologhe lavora in stretta sinergia con specialisti, infermieri e fisioterapisti, condividendone informazioni, linguaggi e saperi in maniera integrata e facilitando la comunicazione con il paziente e i suoi famigliari relativamente alla sua situazione clinica e al suo percorso di cura. Tutto ciò consente al paziente e ai suoi cari di sentirsi orientati e rassicurati, trovando nelle psicologhe le figure mediatrici per comprendere al meglio il linguaggio medico. Lamia e Rubino attuano una vera e propria mediazione “a distanza” con le famiglie, utilizzando device forniti dalla struttura, tablet e smartphone per permettere una continuità di dialogo tra l’interno e l’esterno. Tra gli obiettivi vi è quello di garantire continuità dell’intervento assistenziale anche a sostegno del processo di reintegrazione nella quotidianità. “Le dimissioni possono essere un momento molto delicato per i pazienti – spiegano le due psicologhe – perché questi si trovano ad affrontare una serie di cambiamenti di vita, con il carico di timori, insicurezze e incognite. Lavoriamo per accompagnarli al momento delle dimissioni, guidandoli attraverso un’analisi del percorso fatto durante la degenza e spingendoli a fissare nuovi obiettivi per il futuro. Per i casi più delicati stiamo elaborando, in via sperimentale, un follow up del paziente, da effettuarsi presso le strutture GVM Care & Research del territorio italiano”.