In scena ieri al carcere palermitano dell’Ucciardone, il ‘teatro della verità’ di Claudio Fava.
‘La grande menzogna’ è un’opera su mafia e depistaggi, scritta mettendo in scena gli atti della Commissione antimafia presieduta quando era deputato regionale.
Un’opera che ricalca lo stile de ‘L’istruttoria. Studio drammatico sugli atti del processo in morte di Giuseppe Fava’, scritta vent’anni fa trascrivendo gli atti dell’inchiesta sull’omicidio del padre, e interpretata da Claudio Gioè e Daniela Finocchiaro per la regia di Ninni Bruschetta,
Smessi i panni del politico, Fava è tornato a dedicarsi completamente alla scrittura, attività che non aveva di fatto mai abbandonato.
Ricordiamo infatti tra le sue opere, il film ‘I centro Passi’ film diretto da Marco Tullio Giordana e Monica Zapelli, e le serie tv ‘Il capo dei capi’ e ‘Enrico Mattei – L’uomo che guardava al futuro’.
Stavolta sul palco, a interpretare Paolo Borsellino, c’è David Coco, che parla di depistaggi falsi pentiti, pezzi deviati dello Stato e veri mafiosi.
Sulla sua opera, Claudio Fava aveva detto.
“È un testo costruito su ciò che non è stato detto dopo la sua morte, le menzogne, i finti testimoni, le amnesie, i processi viziati.
Paolo Borsellino non parla di mafia, non ce l’ha con Riina, punta il dito contro gli onesti, i pigri, i giusti, gli addolorati, i distratti, i falsi penitenti.
Verso tutti coloro che si lasciano scivolare addosso verità e menzogne evitando di farsi domande e articolare dubbi.
È più semplice piangere il morto una volta l’anno, come quando portiamo il santo patrono in processione con cori celebrativi e di buone intenzioni.
Una sorta di mitologia pagana come è pagano il dolore manifestato durante le commemorazioni dei morti di mafia”.
Ad assistere allo spettacolo erano solo 60 detenuti, dei 140 che erano stati invitati dal direttore del carcere Prestipino, 40 eano seduti nel cortile in cui andava in scena l’opera e 20 appollaiati sulle finestre.
Tra i 40 che assistono con interesse c’è Giuseppe Santapaola, che deve ancora scontare 15 mesi per rapina.
Giuseppe è figlio di Salvatore, cugino del capomafia Nitto, mandante dell’omicidio di Pippo Fava, e all’epoca della strage di via D’Amelio aveva 10 anni.
Come racconta il Corriere della sera, dopo lo spettacolo, Giuseppe Santapaola si è avvicinato all’autore per ringraziarlo e gli ha stretto la mano.
“Ce lo chiediamo tutti i giorni fra noi carcerati, pensando alle stragi, soprattutto a quelle compiute nel Nord, l’anno dopo Capaci.
I capi della mafia avrebbero potuto davvero fare da soli quello che hanno fatto, poco istruiti com’erano?”.
Santapaola si è poi rivolto agli atri detenuti.
“Tornando nelle celle glielo diciamo che hanno sbagliato a non venire perché con questi incontri, pure con il teatro, il carcere ci aiuta a capire, a sapere quello che fuori non capiamo”.
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