Finisce all’asta la “Casa Memoria Peppino e Felicia Impastato” di Cinisi, dove viveva il giovane simbolo della lotta alla mafia ucciso il 9 maggio 1978.
Il Tribunale di Palermo ha dato incarico a un curatore fallimentare di occuparsi della vendita dell’immobile e dell’archivio storico di Peppino Impastato.
L’asta dovrebbe svolgersi a marzo del 2025.
La buona notizia è che la Regione sarebbe pronta ad acquistare la casa di corso Umberto I e l’archivio, esercitando il diritto di prelazione.
La casa fa parte del complesso dei beni pignorati a Giovanni Impastato, fratello di Peppino, erede e attuale proprietario, per il valore complessivo stimato intorno a 400 mila euro, di cui 140 mila quello della casa museo.
La vendita si è resa necessaria per coprire, almeno in parte, il debito di oltre un milione e 300 mila euro nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e dell’attore e cabarettista Dario Veca, che aveva anche interpretato una parte nel film ‘I cento passi’, di Marco Tullio Giordana sulla storia di Peppino Impastato.
La casa di corso Umberto I era stata resa famosa proprio da quel film, la cui sceneggiatura era scritta da Claudio Fava a cui si deve il titolo che rievoca proprio la distanza tra la casa dalla quale Peppino trasmetteva con la sua Radio Aut e quella del boss di Cinisi, Tano Badalamenti.
Nei comizi e nelle trasmissioni di Radio Aut, Peppino definiva la mafia “una montagna di merda” e attaccava Badalamenti definendolo ‘Tano seduto”.
Proprio Badalamenti fu il mandante dell’omicidio di Peppino, trovato morto sui binari della ferrovia la notte del 9 maggio 1978, lo stesso giorno in cui a Roma veniva fatto ritrovare dalle Brigate Rosse il corpo di Aldo Moro in via Caetani.
La morte di Peppino Impastato fu in un primo tempo fatta passare come un suicidio o un incidente avvenuto mentre collocava un ordigno esplosivo, che fu fatto trovare vicino al cadavere, per un attentato lungo la ferrovia.
Ci vollero 6 anni perché fosse riconosciuta la matrice mafiosa dell’omicidio, in una sentenza del giudice Antonino Caponnetto, che aveva preso il posto di Rocco Chinnici, che aveva avviato l’indagine e che era stato ucciso un anno prima,.
Ce ne vollero altri 4 perché si arrivasse all’incriminazione di Tano Badalamenti.
E ci volle la tenacia e la forza della madre di Peppino, Felicia Bortolotta che, nonostante fosse sposata a un uomo d’onore, non cessò mai di difendere prima il figlio e poi la sua memoria.
Alla sua morte, nel 2008, l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi definì Felicia, “nuova ‘madre coraggio’ che ha saputo trasformare il suo straziante dolore per l’assassinio del figlio Peppino nella linfa vitale di un impegno instancabile in difesa della giustizia e della legalità contro le trame criminali”.
“Felicia Impastato ha consegnato il suo alto e nobile messaggio civile soprattutto ai giovani, che accoglieva nella sua casa per parlar loro dell’eroismo di Peppino e per raccontare a tutti il vero volto della mafia”.
Quella casa che ora, senza l’intervento della Regione, sarebbe venduta all’asta.
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