L’appello ad associazioni e comitati civici aderenti al Coordinamento per il territorio: «Riprendiamoci la politica». In un documento si sottolinea «la mancanza di una visione, l’assenza di una prospettiva e del coraggio politico di scelte radicali».
Una lista civica per le elezioni comunali della primavera 2021 che riunisca le associazioni e i comitati civici aderenti al Coordinamento per il territorio di Lentini e che si faccia promotrice di un programma espressione dei concreti bisogni della comunità. A proporne la formazione è il Comitato territoriale Antudo che con un lungo e articolato documento politico, in cui parla «della mancanza di una visione, dell’assenza di una prospettiva e del coraggio politico di scelte radicali», ha lanciato l’appello «Costruiamo una lista cittadina, riprendiamoci la politica».
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«No a Comune ridotto ad agenzia di appalto servizi». «“Visione politica” – scrive Antudo – è il modo in cui si guarda allo spazio comune, all’interesse della comunità. Noi diffidiamo di una visione politica che riduce tutto a risorsa economica, che trova senso nelle cose solamente se queste diventano risorsa economica. Non crediamo nel Comune impresa, non vogliamo che il Comune sia ridotto ad agenzia di appalto servizi, spesso scadenti e sempre più onerosi. E non vogliamo un Comune funzionante da esattore di ultima istanza o che riduca i cittadini a “clienti” di una impresa di servizi malandati. Non vogliamo un Comune che si trinceri e si faccia scudo delle pastoie burocratiche, del “purtroppo è così”».
Di fronte a una scelta. «A questo punto ci troviamo, con tutta la città, nelle condizioni di dover scegliere tra due opzioni: non far nulla e lasciare che tutto vada alla malora o tutt’al più di lottare di volta in volta contro le cose “più storte” che man mano vengono fuori, oppure tentare di impostare un lavoro che costruisca le fondamenta di una nuova municipalità, con un progetto complessivo basato sui reali bisogni e sulle reali necessità della comunità e del territorio. Per noi vale la seconda opzione».
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Cambiare rotta. Secondo Antudo «ogni amministrazione che eredita acriticamente i disastri degli altri facendosene giustificazione per le proprie incapacità e le proprie inefficienze si fa corresponsabile del disastro». «Cambiare rotta – si legge nel lungo documento – significa essere coraggiosi, scegliere opzioni eccentriche, sfidare l’ovvio. Accettare di farsi interpreti acritici delle politiche di rigore e disporsi al soddisfacimento delle procedure è colpevole. Bisogna, al contrario, rilanciare la palla, restituire la responsabilità a chi ha determinato questa situazione, portare alla luce i responsabili del malgoverno e della corruzione che hanno affossato i bilanci pubblici locali. Cambiare rotta significa gestire il bilancio residuo con spirito equo, efficienza e soprattutto con meccanismi partecipativi. Cambiare rotta significa quindi disporsi su un terreno di battaglia, alla quale si prende parte. Troppo facile è, infatti, ipotecare il futuro, indebitarlo, ridurre i cittadini in clienti e farsi esattori di ultima istanza. Oggi più che mai – conclude Antudo – occorre difendere l’autonomia politica degli enti locali totalmente succubi delle procedure e delle lobby affaristiche che hanno prodotto il debito e che hanno devastato il territorio».
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