Si tratta di terreni e imprese aziende di trasporto che operano nella Sicilia orientale, riconducibili a Filadelfo Emanuele Ruggeri, ritenuto appartenente al clan mafioso Nardo.
il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Siracusa ha eseguito il provvedimento del Tribunale di Catania – Sezione Misure di prevenzione, che ha disposto la confisca di beni, per un valore di 50 milioni di euro, riconducibili a Filadelfo Emanuele Ruggeri, ritenuto appartenente al clan mafioso Nardo, che nonostante lo stato di detenzione, avrebbe continuato ad amministrare attraverso familiari.
Il patrimonio è costituito da prevalentemente da importanti aziende di trasporto che operano nella Sicilia orientale, oltre a due terreni nel territorio di Carlentini.
Nel dettaglio, si tratta di:
- due terreni siti in Carlentini;
- 100% delle imprese, delle quote societarie nonché di tutti i beni costituiti in azienda (157 motrici, 244 rimorchi, 6 autoveicoli e vari conti correnti di cospicua entità) delle ditte di trasporto su gomma, entrambe con sede legale in Lentini (SR), denominate:
- Ruggeri Francesco, impresa individuale;
- Ruggeri Trasporti s.r.l..
I beni oggetto dell’operazione, erano già stati sottoposti a sequestro finalizzato alla confisca (ex art. 20 D. Lgs. 159/2011), il 7 febbraio 2020, con un provvedimento emesso dal Tribunale di Catania, su richiesta della D.D.A. etnea.
L’indagine, secondo il Comando dei Carabinieri di Siracusa, ha consentito di accertare che le attività sequestrate, che operavano nel settore dell’autotrasporto dell’ortofrutta, in particolare agrumi, che avrebbero garantito al clan ingentissimi introiti, di fatto condotte sotto la gestione di persone a Ruggeri, avvalendosi di modalità mafiose.
Il provvedimento ha pienamente recepito quanto emerso dalle attività investigative, che avrebbero dimostrato come Ruggeri, avvalendosi della collaborazione di propri familiari e prestanome, sebbene detenuto dagli anni novanta per associazione mafiosa, per omicidi ed altro, continuava a gestire di fatto l’attività del clan attraverso le imprese intestate a suoi familiari.
Le indagini avrebbero chiarito come le attività delle imprese oggetto del provvedimento di sequestro, fossero strumentali alle attività illecite del clan, facendo risaltare l’evidente sproporzione dei redditi dichiarati/leciti dei soggetti in parola con il patrimonio accumulato e con gli investimenti operati nel tempo, hanno consentito di operare la confisca dei detti beni.
Secondo gli investigatori, le indagini avrebbero inoltre accreditato le modalità con cui l’organizzazione mafiosa di riferimento continua ad esercitare il proprio potere di infiltrazione nel tessuto economico del territorio, assumendo il controllo di settori importanti.