L’indimenticabile Enzo Biagi ricordava spesso un detto che girava per i corridoi della Rai, per definire la lottizzazione dell’azienda: “hanno assunto cinque giornalisti: due democristiani, uno comunista, uno socialista e uno bravo”.
A giudicare da quello che succede oggi, in Sicilia come nel resto d’Italia, quel detto rimane di straordinaria attualità, nonostante siano passati alcuni decenni.
Non si tratta di fingere che si cada dal pero immacolati e si scopra solo ora che l’esercizio del potere impone delle scelte, anche di persone, e che strizzare l’occhio a chi ti è più vicino o affine, ne è una conseguenza talvolta inevitabile.
Né che si tratti di una degenerazione iniziata con gli attuali governi di centrodestra.
Quello che colpisce è però la caduta del pudore con cui il sistema delle spartizioni è praticato, al punto che siamo di fronte a una sorta di legittimazione, che pretende di elevarlo a strumento della democrazia.
La lottizzazione e la divisione dei pani tra commensali sembrano infatti diventati parte dell’ovvietà politica, tanto normali che nessuno più si indigna.
Di recente abbiamo assistito alla distribuzione delle risorse finanziarie della Regione Siciliana destinate ai comuni e qualche associazione, sulla base di un budget assegnato a ciascun deputato, sia di maggioranza che di opposizione, che se ne è poi assunto merito e paternità, con la consacrazione di un selfie di gruppo in cui erano tutti sorridenti e soddisfatti.
Anche durante la vicenda del dimensionamento scolastico, appena un mese fa, abbiamo assistito all’intervento di politici della maggioranza che sostiene il governo regionale per ‘salvare’ l’autonomia di qualche scuola del proprio bacino elettorale a danno di altre, sprovviste di tutele, o come si diceva una volta, ‘senza santi in paradiso’.
Ora sono arrivate le nomine dei manager a cui è affidata la gestione della sanità, e quindi della salute di ognuno di noi, sulla base di un criterio di rigorosa spartizione tra i partiti di governo.
Diciotto professionisti, tutti nomi di alto livello di competenza per carità, nominati per dirigere le nove Aziende provinciali, le sei Aziende ospedaliere e i tre Policlinici universitari, tutti di rigorosa osservanza di centrodestra, assegnati secondo il criterio stabilito con un accordo raggiunto dopo mesi di trattative tra i partiti, quello del cosiddetto 6-6-2-2-2.
Sei manager sono di Forza Italia, sei di Fratelli d’Italia, due della Democrazia cristiana, due della Lega e due del Movimento per l’autonomia.
A meno che non si voglia sostenere una sorta di superiorità genetica dei sostenitori di alcuni partiti rispetto agli altri, teoria comunque presente in tutti gli schieramenti politici, viene da chiedersi se fuori da quel recito non ce ne sia uno altrettanto bravo.
O piuttosto, come è facile dedurre, i professionisti di valore, se vogliono ambire a posti di rilievo, devono per forza indossare la casacca del governo del momento, anche a prescindere dalle proprie idee e convinzioni.
Qualche testata giornalistica di prestigio ben informate, è arrivata a stilare un elenco dei nuovi direttori generali con l’indicazione per ciascuno di loro del partito di riferimento.
Così abbiamo scoperto, ad esempio, che Forza Italia ha strappato l’Asp di Siracusa a Fratelli d’Italia, solo per citarne un caso.
O che ad Agrigento, Asp ambita tanto da Cuffaro, che è di Raffadali, che dall’eurodeputata di Licata Tardino, commissario regionale della Lega, alla fine l’ha spuntata Forza Italia, imponendo uno smacco ai due leader proprio nella loro provincia.
E allora perché scontenti?
Per la delusione di qualche partito che non è soddisfatto della sede assegnata ai propri protetti, le tensioni sono arrivate al limite della rottura nella maggioranza, con gli assessori di Fratelli d’Italia che hanno disertato la riunione della Giunta di governo che ha ratificato le nomine.
Parafrasando il detto sui giornalisti Rai, viene allora da chiedersi chi siano quelli bravi.
Se prendiamo alla lettera le parole di Biagi, sembrerebbe nessuno, visto che mancano la relative casella.
Ma sappiamo che non è così.
Magari particolarmente bravo sarà il neo direttore dell’Ospedale Civico di Palermo.
Il professionista, come ha ricordato la deputata regionale del Pd Valentina Chinnici, negli anni è stato commissariato quando era direttore dell’Ospedale Villa Sofia – Cervello di Palermo, prima dal governo Musumeci e poi dallo stesso governo Schifani.
A marzo del 2023, l’assessore alla salute Giovanna Volo, la stessa che ora lo ha nominato, gli aveva contestato il mancato avvio delle procedure per la progettazione e la realizzazione di opere importanti del valore di decine di milioni di euro.
Un evidente segno di ravvedimento del presidente e dell’assessora.
A noi cittadini, che speriamo in un rilancio della sanità e nella risoluzione dei suoi tanti problemi, non resta che augurarci che, dopo aver piantato le bandierine di partito, ci si occupi finalmente della salute di tutti i cittadini, indipendentemente dal partito per cui votano e dal livello di protezione parlamentare di cui gode il territorio in cui vivono.
Anzi, più che augurarcelo diciamo che ne siamo certi.
In tempi di dittatura del ‘politicamente corretto’, non si sa mai.