Due episodi di pochi giorni fa ci fanno riflettere su quanto lunga sia ancora la strada da fare per diventare comunità, una società in cui si condividano valori unificanti, a prescindere da quali siano le convinzioni politiche e la cultura di provenienza di ognuno.
A Catania, nella saracinesca della sede della Dc di piazza Vincenzo Bellini, è comparsa la scritta ‘Tutti nella Renault’, un macabro esplicito richiamo alla morte di Aldo Moro, un inneggiare a una delle pagine più tristi della storia della Repubblica.
Un gesto intimidatorio a 24 ore dal congresso provinciale della Democrazia cristiana.
Invocare l’uccisione degli avversari politici è un atto criminale che nulla ha a che fare con la politica, né con il confronto e neanche con lo scontro politico.
Il secondo episodio è avvenuto dall’altro lato della tormentata isola, a Partinico, in provincia di Palermo, dove il Comune ha bocciato la richiesta del Consiglio di istituto del locale liceo, di intitolarlo a Peppino Impastato, giornalista e militante di Democrazia proletaria ucciso dalla mafia, e a sua madre Felicia Bartolotta, che si è battuta per anni per dargli giustizia.
Il comune ha detto no e la scuola rimarrà intitolata a Santi Savarino, il giornalista a cui è anche intitolata una via della cittadina, e che è stato uno dei firmatari delle leggi razziali.
Intanto la sede di Rifondazione comunista di Partinico, intitolata proprio a Peppino, veniva ricoperta di svastiche.
Peppino Impastato fu ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978, lo stesso giorno in cui, dopo 55 giorni di sequestro da parte delle Brigate rosse, veniva trovato nel bagagliaio di una Renault 4 in via Caetani, il cadavere di Aldo Moro.
Un grande statista democristiano e un giovane di estrema sinistra impegnato nel denunciare, con la sua Radio Aut, la mafia di Cinisi, il suo paese, che però era anche quello del boss Tano Baladamenti.
E una donna, una grande donna, Felicia Bartolotta che nonostante fosse sposata con un uomo d’onore, ha sostenuto la battaglia del figlio contro l’organizzazione mafiosa, e dopo la sua morte si è battuta con tutte le sue forze perché Peppino avesse giustizia.
In un tempo in cui è tornato di moda il termine patriarcato, usato il più delle volte a sproposito, ricordare Felicia e intitolarle la scuola, assieme al sua amato Peppino, sarebbe stato un gesto ancora più significativo.