A conclusione di un processo durato tredici anni, la Corte di Cassazione ha confermato l’assoluzione dell’ex presidente della Regione dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura generale di Catania, dichiarandolo inammissibile, contro la sentenza di appello nel processo al leader dell’MpA.
Con questa sentenza si conclude la vicenda giudiziaria dell’ex presidente della regione Raffaele Lombardo, che era accusato di concorso esterno e di corruzione elettorale aggravato dall’avere favorito la mafia.
Diventa così definitiva la sentenza della Corte di Appello di Catania che nel 2022, nell’appello bis, aveva assolto Lombardo, dopo che, nel processo di primo grado del febbraio del 214, celebrato con il rito abbreviato, il Gup lo aveva condannato alla pena di sei anni e otto mesi di reclusione, per concorso esterno all’associazione mafiosa, avendolo ritenuto responsabile di curare e moderare i rapporti tra mafia, politica e imprenditoria.
Ci sono volute due sentenze contrastanti, un rinvio dalla Cassazione e un processo d’Appello Bis, per arrivare alla sentenza di oggi, che mette la parola fine in una vicenda durata tredici anni.
Il commento di Lombardo è stato amaro.
“Provo soltanto amarezza e non felicità, forse per i tredici anni della mia vita passati in vicende giudiziarie e per il massacro mediatico subito”.
Con la sentenza di oggi Lombardo recupera anche la piena agibilità politica, proprio nel giorno in cui Enzo Bianco, un altro protagonista della politica catanese, e non solo, di qualche decennio fa, ha annunciato la propria candidatura a sindaco di Catania.