C’è ancora tanta commozione, dolore, rabbia, ma anche ricerca della verità a distanza di mezzo secolo da quello sciopero sindacale per il quale persero la vita due braccianti agricoli: Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona.
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Un “grido” che questa mattina, durante la rievocazione dei fatti con la deposizione della corona in contrada Chiusa di Carlo, ha fatto proprio Paola Scibilia, unica erede delle due vittime (aveva 9 anni quando il padre perse la vita), oltre le organizzazioni sindacali rappresentate dai segretari generali di Cgil, Roberto Alosi, di Cisl, Vera Carasi e dal sub-commissario della Uil, Saveria Corallo. Con loro anche i rispettivi segretari sindacali dei lavoratori agricoli, Mimmo Bellinvia della Flai Cgil, Sergio Cutrale della Fai Cisl e Sebastiano Di Pietro della Uila Uil.
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“La storia è un monito per tutti noi: i diritti vanno coltivati giorno dopo giorno e oggi vanno riconquistati con la stessa forza e la stessa determinazione – hanno detto i segretari di Cgil, Cisl e Uil -. La memoria va riportata soprattutto nei confronti delle giovani generazioni: ci furono diritti sanciti con il sangue e oggi questi stessi diritti vanno perdendosi ed è per questo che la nostra presenza rappresenta anche un monito affinché vadano salvaguardati”. Significativa anche la testimonianza del sindaco di Avola, Luca Cannata: “E’ importante ricordare, soprattutto per i nostri giovani. E per un passato che ha cambiato la storia italiana. Lo statuto dei lavoratori infatti è cambiato proprio dopo “I Fatti di Avola”. E’ importante ricordare perché ogni giorno parliamo di diritti richiesti da ogni lavoratore, è importante e fondamentale tenere viva la memoria di ciò che successe 52 anni fa perché la lotta per quei diritti è un fatto attuale ancora al giorno d’oggi”.