Il ministro Nello Musumeci ad Augusta per presentare il suo libro del titolo “La Sicilia bombardata. La popolazione dell’isola nella Seconda guerra mondiale (1940-1943)” ieri nel salone di rappresentanza del Municipio.
Il rappresentante del Governo Meloni in qualità di giornalista saggista, non come uomo di Governo (poiché il volume, come lo stesso ha puntualizzato, è stato scritto prima che assumesse il ruolo di presidente della Regione) si domanda se i bombardamenti che in Sicilia causarono circa dieci mila morti di civili, fossero necessari alle sorti del conflitto.
E anche se da allora sono trascorsi 80 anni, anniversario in cui Musumeci ha ritenuto periodo opportuno per presentare il suo libro, questa domanda, come ha sottolineato la conduttrice e moderatrice della presentazione Laura Valvo, giornalista capo servizio del quotidiano La Sicilia, è quanto mai attuale se pensiamo all’invasione russa dell’Ucraina e a quella israeliana di Gaza.
L’autore del saggio, pur stigmatizzando le stragi compiute dai tedeschi, evidenzia quanto poco sia stato detto, invece, di quelle causate dagli angloamericani con la morte di tantissime persone, adulti e bambini.
La presentazione, avvenuta alla presenza, tra gli altri, del prefetto di Siracusa Raffaela Moscarella, del comandante di Marisicilia, ammiraglio di divisione Andrea Corùttini e del capitano di vascello Domenico Santisi, comandante della Capitaneria di porto di Augusta. con il patrocinio del Comune, che l’ha inserita nell’ambito del programma Natale 2023, è stata organizzata dell’associazione Lamba Doria.
I lavori sono stati introdotti della moderatrice e in seguito hanno preso la parola: il sindaco, Giuseppe Di Mare, l’assessore alla Cultura Giuseppe Carrabino, i quali si sono detti onorati di ospitare il ministro della Protezione civile e delle Politiche del mare a palazzo di Città constatando, ancora una volta, anche l’attenzione e il grande legame di Nello Musumeci con Augusta ed hanno espresso gratitudine verso Alberto Moscuzza, saggista, e Francesco Paci, rispettivamente presidente e referente per Augusta di Lamba Doriua e tutta l’associazione per aver condiviso l’evento con l‘Amministrazione comunale.
Tra gli interventi introduttivi anche quello di Moscuzza.
Del libro hanno invece discusso: Luigi Amato, docente di estetica, Antonello Forestiere, direttore del Museo della Piazzaforte e Francesco Paci.
E infine l’autore del libro parlando del suo saggio ha premesso: “io non sono uno storico, ma un appassionato di storia e la mia passione mi ha portato a questa fatica”.
“E’ chiaro che, quando c’è una guerra – ha esordito – la responsabilità è di chi l’ha dichiarata.
Quella guerra non doveva esserci, soprattutto in quel momento.
E’ strano pensare che le dittature volessero le guerre, perché le responsabilità non erano solo degli Stati totalitari, ma anche delle cosiddette democrazie dell’occidente, perché la Gran Bretagna, la Francia hanno avuto un ruolo importante nell’indurre l’Italia ad entrare nel secondo conflitto mondiale.
Avere dichiarato la guerra può consentire di far calare un velo sulle responsabilità che durante quel conflitto hanno caratterizzato l’evolversi degli eventi bellici?
Come diceva Enrico Petacco: “ quando finisce una guerra emergono le bugie dei vinti e le bugie dei vincitori diventano storia.
Un po’ come quella famosa frase: “chi vince ha sempre ragione”, oppure “la storia la scrivono i vincitori” .
Musumeci si chiede come mai non si sia parlato delle responsabilità degli angloamericani in quella guerra e se i liberatori si sono comportati da liberatori.
“A queste domande – continua l’autore del libro – non è stata data, per quasi mezzo secolo, una risposta chiara, si è preferito tacere sulle responsabilità degli angloamericani e si è preferito, com’era giusto, scrivere e scavare fra gli armadi per le stragi delle forze tedesche.
Ma se sappiamo tutto, com’è giusto che sia, delle stragi dei tedeschi, perché non sappiamo nulla delle stragi degli americani e degli inglesi o dei britannici?
Questa è la domanda che io mi sono posto quando papà e mamma, sfuggiti alle bombe (mamma aveva 18 anni, papà era un più grande e si trovava in guerra all’aeroporto di Palermo e poi di Catania) ricordavano quanto fosse accaduto.
Apprendevo dai loro ricordi i momenti difficili di quei tre anni (dal 1940 al 1943).
Non se n’è voluto parlare perché il politicamente corretto imponeva di non alterare i rapporti di vicinanza fra l’Italia da una parte, la Gran Bretagna dall’altra e gli Stati Uniti dall’altra.
Io sono convito – ha proseguito – e mi auguro lo siate anche voi che, quando si esaminano le vicende legate ad un conflitto, ai ragazzi ai giovani bisogna dire tutta la verità e in questo libro chiamo gli angloamericani invasori perché il saggio si ferma al 7 settembre, quando ancora le truppe angloamericane o alleate (ma l’inganno sta nel fatto che, leggendo alleati un ragazzo possa pensare che fossero alleati nostri, invece erano alleati tra di loro).
Io mi fermo alla vigilia dell’armistizio, fino a quel giorno i britannici e gli americani erano invasori, nemici.
L’8 settembre diventiamo cobelligeranti con una serie di limitazioni.
Il momento migliore per la divulgazione del mio saggio si è presentato nella ricorrenza degli ottant’anni dallo sbarco in Sicilia (1943-2023).
Il mio scopo è stato quello di scrivere ciò che gli altri non avevano scritto, prendendo come esempio la mia terra, la nostra isola che è diventato il laboratorio per gli angloamericani.
Gli invasori hanno utilizzato la Sicilia per sperimentare la strategia dei bombardamenti e la portata di alcune bombe perché, dopo un mese quella strategia e quelle bombe l’hanno applicate in Germania distruggendo quella nazione.
La Sicilia conta diecimila morti non militari, ma civili.
Diecimila vittime sono state persone civili: fruttivendoli, carrettieri, pescatori, madri di famiglia, bambini, vecchi, medici uccisi dalle bombe angloamericane. Perché?
L’obiettivo era quello di conquistare la Sicilia nel più breve tempo possibile, per arrivare poi in Calabria e salire fino al nord.
Lo scopo era quello di fare quanti più prigionieri e quindi chiudere a Messina nello stretto.
L’obiettivo era anche quello di indurre la popolazione a scendere in piazza e ad organizzarsi per accelerare la caduta del fascismo, del regime.
Questi i tre obiettivi per i quali la Sicilia ha pagato col sangue di diecimila vittime: dei tre nessuno è stato raggiunto”.
L’evento è stato trasmesso in diretta streaming sui canali di Webmarte.
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