Quasi un secolo di vita da pescatore, raccontato da Domenico Patania, meglio noto come Mimmo, nel libro “Di acqua di mare e conzo”, presentato stasera nel salone di rappresentanza “Rocco Chinnici” del Comune di Augusta.
Un fiume in piena, nel raccontare, emozionato ed emozionante, la sua vita da pescatore, iniziata a poco più di dieci anni. Nel salone di rappresentanza “Rocco Chinnici” del Comune di Augusta, affollato come solo avviene nelle grandi occasioni, Mimmo Patania, con la sua travolgente simpatia e l’incontenibile passione per il mare e la pesca, ha raccontano l’evoluzione della pesca nel nostro territorio, dal dopoguerra ad oggi.
Domenico Patania, che per diversi anni è stato presidente della confraternita dei pescatori della chiesa di Sant’Andrea, col suo linguaggio che si concede spesso al dialetto e al gergo marinaro, ha raccontato come tutto sia cominciato quando il padre disse a lui e al fratello Pippo, di appena un anno più grande, che avrebbero lasciato la scuola per andare a lavorare sulla barca.
Mimmo non aveva ancora undici anni e frequentava la quinta elementare.
Comincia in quel momento, assieme al fratello, la sua vita da adulto.
Da quel giorno furono infatti trattati al pari di ogni altro membro dell’equipaggio, e coinvolti nei discorsi degli adulti.
Come adulti, i due piccoli fratelli remavano, gettavano il conzo e poi lo raccoglievano.
Pescavano al larco della Costa di mezzogiorno, spingendosi fino a Sciacca, e poi verso nord, in Calabria e in Puglia.
Erano spinti dal vento o, nelle bonacce, dalla forza delle braccia dei sei rematori.
Quel vento che, dice Patania, unisce le genti e i popoli.
Se il vento non le avesse portate su e giù per il mediterraneo, tante persone non si sarebbero mai incontrate.
Il vecchio pescatore racconta delle vesciche alle mani prodotte dal lavoro in barca, i papuli, come le chiama usando il dialetto locale, e dei rimedi molto improvvisati che si praticavano a bordo.
Anche qualche poesia, dedicata naturalmente al mare, come quella dal titolo ‘Ventu all’uffu’, letteralmente il vento del golfo, la brezza che oggi i moderni velisti chiamano ‘termica’.
Da lì scorre un racconto, condito da aneddoti, filastrocche a sfondo religioso per propiziare la buona pesca, e che vede via via trasformarsi le barche a vela e remi, in quelle a motore, che permettevano di andare a pescare sempre più al largo, in mari inesplorati e perciò più pescosi.
Motori sono sempre più potenti e attrezzature più sofisticate per permettere si pescare sempre più pesce.
“Il mare era la mia banca” dice Patania, “quando mi servivano soldi, andavo al largo e pescavo”.
Aneddoti ed episodi che Valeria Paci, insegnante di lettere che ha curato la pubblicazione del libro, ha dovuto certo faticare a mettere in ordine.
“Un libro che rappresenta un documento prezioso per le future generazioni, per custodire la memoria di una storia comune che per questi luoghi è identitaria.”
Lo ha sottolineato nel suo intervento Augusto Aliffi, presidente dell’associazione Museo del mare di Siracusa.
Alla presentazione, organizzata dalla Confraternita di Sant’Andrea presieduta da Giulio Morello, che è stata coordinata da Antonella Andolina, della biblioteca comunale per ragazzi di Melilli, era presente l’assessore Ombretta Tringali, che ha sottolineato come il valore dell’opera, abbia spinto il Comune di Augusta a fornire il patrocinio alla manifestazione.