Interventi di demolizione nel Castello Svevo di Augusta. Una lettera è stata inviata dalla Società augustana di Storia Patria alla Sovrintendenza ai Beni culturali di Siracusa con richiesta di chiarimenti.
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Le perplessità della comunità locale e del mondo scientifico in merito alla pubblicazione, nei giorni scorsi, del bando di gara per il consolidamento e il restauro del Castello Svevo di Augusta, se da un lato ha suscitato unanime apprezzamento, dall’altro ha però creato forti perplessità in merito alle annunciate “demolizioni di opere e scavi archeologici”. Un intervento del valore stimato di 4.170.000 euro con la possibilità che il monumento possa tornare ai suoi antichi splendori e reso fruibile. Una lettera, con richiesta di chiarimenti, indirizzata all’architetto Irene Donatella Aprile sovrintendente ai Beni culturali di Siracusa è stata recentemente inoltrata dalla Società Augustana di Storia patria a firma del suo presidente Giuseppe Carrabino.
Una lettera dove si lamenta innanzitutto che “come più volte ribadito nel corso dei decenni, ciò che è venuto meno negli interventi di recupero del Castello e di altri beni monumentali della città, è proprio la comunicazione e il coinvolgimento della comunità locale nell’essere partecipe di un progetto che comunque la riguarda. “Riteniamo sia naturale che leggere di “demolizioni” di parti della struttura abbia suscitato sgomento e indignazione – dice Carrabino – anche se la Società di Storia patria è consapevole del fatto che. il progetto abbia la sua validità e sia comunque necessario procedere con l’abbattimento delle sopraelevazioni risalenti all’ultimo decennio dell’Ottocento che erano motivate dalla destinazione carceraria ma che hanno determinato profondi e gravi dissesti. Comprendiamo benissimo che tali interventi siano finalizzati a restituire la componente sveva della struttura, non comprendiamo se le scelte progettuali siano chiare e se sia altrettanto chiaro il futuro del monumento, anche perché nelle dinamiche di restauro e recupero delle opere di interesse culturale, si tiene sempre conto di tutte le sovrapposizioni e stratificazioni aggiunte nel corso dei secoli. Il Castello Svevo di Augusta, nella sua storia otto volte secolare, presenta interessanti espressioni che andrebbero conservate, anche le stesse celle costruite nel corso del novecento per le necessità della destinazione carceraria, sono parte integrante della storia del monumento”.
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Nel documento si legge tra l’altro: “Chi ha avuto modo di entrare nel Castello a distanza di tempo dal restauro realizzato negli anni ’90, ha visto che gli spazi oggetto di quell’intervento sono in condizioni deplorevoli e che le volte sono nuovamente puntellate. Questa situazione dipende dal fatto che il Castello sta scivolando a mare a causa del peso della struttura sovrastante. Carrabino rammenta, inoltre, di essere stato testimone del degrado e della necessità che si proceda alla parziale demolizione. “Accompagnato dall’architetto Aldo Spadaro (uno dei progettisti) – continua il presidente della Società di Storia patria – ho avuto modo di visitare la struttura fino a poco prima del sequestro ed ho appurato che gli interventi di restauro sono stati vanificati e che alcune profonde fessurazioni si sono aperte nuovamente sulle pareti. Per questo motivo riteniamo improcrastinabile l’intervento previsto. Il sequestro, purtroppo, ha impedito ogni accesso sia alle aree interne che a quelle esterne al Castello, non permettendo anche periodici interventi di pulizia e favorendo così l’ammaloramento della struttura. Non possiamo non ricordare l’intervento di straordinaria pulizia curato dai detenuti del penitenziario di Brucoli che su specifica volontà dell’allora direttore Antonio Gelardi e la preziosa collaborazione della sovrintendente Beatrice Basile restituirono il monumento per qualche giorno alla fruizione pubblica curato dagli stessi detenuti o la riapertura per poter ospitare il corpo di Santa Maria Goretti nello stesso luogo dove fu rinchiuso cento anni prima il suo uccisore Alessandro Serenelli.
Riteniamo quindi necessaria sia l’azione di demolizione e l’informazione dettagliata alla città circa gli interventi da eseguire. Accogliamo positivamente la notizia che a conclusione di questo intervento sarà possibile la fruizione parziale del Castello. In questo contesto, considerato che il progetto originario prevedeva l’allocazione all’interno del Castello del cosiddetto “Museo del Mediterraneo”, riteniamo che sia invece più opportuno utilizzare gli spazi recuperati per destinarli al Museo della Piazzaforte, istituito dal Comune di Augusta nel 1986, così da collocarlo nuovamente nei suoi locali naturali e riportare ad Augusta gli oggetti oggi custoditi presso il Museo dello Sbarco di Catania. Reiteriamo inoltre la possibilità della concessione di adeguati spazi anche per la scrivente Società Augustana di Storia Patria così come peraltro ampiamente illustrato negli anni scorsi al fine di poter rendere fruibili quei locali già restaurati (seppur modesti e posti all’ingresso principale del maniero) che potrebbero costituire l’inizio di un percorso di valorizzazione. Infine, la nota dolente della vicenda è quella riguardante la seconda parte del processo di recupero, che non è stata finanziata poiché, secondo quanto riferito dalla stampa manca un progetto concreto.